Setak: la lingua universale della musica

È uscito da pochi giorni “Assamanù”, il nuovo album del cantautore e chitarrista Setak, che lo ha presentato ieri al Largo Venue di Roma.  Il disco chiude la trilogia cominciata con Blusanza (2019) e proseguita con Alestalé (2021), in cui narra il percorso interiore delle più importanti fasi della sua vita: infanzia, adolescenza e, infine, maturità. Un viaggio caratterizzato dalla sua inconfondibile cifra stilistica fatta di sintesi musicale tra diversi suoni e ritmi provenienti dal mondo, sui cui si poggiano aspramente i testi cantati in dialetto abruzzese.

Accompagnato sul palco da un’ottima schiera di musicisti (Nazareno Pomponi alle tastiere, Fabrizio Cesare al basso, Flavia Massimo al violoncello, Valerio Pompei alla batteria e Alessandro Chimienti alla chitarra), Nicola Pomponi (vero nome di Setak) si è esibito in un lungo concerto che ha lasciato il pubblico a bocca aperta. Molti gli affezionati e gli amici presenti ieri sera per cui Setak si è confermato il grande artista che è, e altrettanti quelli che lo hanno scoperto solo recentemente, che sono rimasti piacevolmente sorpresi e definitivamente conquistati da questa esibizione.

Originario di Penne, in Abruzzo, ma romano di adozione, Setak ha scelto di cantare nel dialetto della sua regione, ma non lo fa in modo folkloristico o pescando tra i canti popolari. La sua musica ha un respiro molto ampio, internazionale, con influenze che spaziano dal blues all’indie-folk, con un approccio che rimanda più alla world music che al cantautorato italiano. Paradossalmente l’uso di un dialetto invece di essere un limite apre ancora di più gli orizzonti delle sue canzoni, rendendole perfettamente adattabili anche al mercato estero. La sua voce calda e espressiva dona alle parole una poeticità inaspettata, rendendo i brani accessibili e comunicativi anche per chi non conosce la lingua abruzzese, che ben si presta a questo tipo di musica.

Il concerto ha messo prevalentemente in risalto i brani di Assamanù anche se non sono mancati alcuni dei brani più significativi o più divertenti dei due album precedenti. Il pubblico si scatena infatti su Ale Alessà e Camillo, i due momenti più festosi della serata. E si commuove con Curre Curre, primo singolo ad anticipare il nuovo album, e la versione purissima che ha eseguito da solo, chitarra e voce, di Picché.

Setak si distingue nel panorama musicale italiano per la sua abilità nel fondere influenze diverse, creando un suono unico e al contempo eterogeneo. I suoi brani evocano grandi nomi, da Paul Simon a Peter Gabriel, creando un mix originale che conferisce a ogni canzone un’anima e una ricchezza stilistica differenti. Sono canzoni spesso toccanti, con una poetica materica, che sa di terra, di legami forti, di mani che lavorano, di cose vere e sincere. Musica che sa di Italia profonda, ma anche di deserti e paesi lontani. Caratterizzate da una struttura narrativa complessa e da un’introspezione profonda, ognuna esplora tematiche diverse, come il tempo, la storia, la memoria, l’importanza di setacciare dentro sé stessi, il dubbio e l’accettazione, creando un’esperienza di ascolto originale e dalle tante sfumature. Protagoniste indiscusse sono le chitarre, che insieme alla voce dolce e nuda di Nicola, tessono una trama che si fonde sapientemente col tappeto sonoro creato dalle percussioni, il violoncello e le tastiere.

Le collaborazioni con altri artisti e le influenze esterne contribuiscono a comporre un mosaico sonoro ancora più variegato. Setak è aperto a sperimentare e a contaminare il suo stile con elementi di generi musicali differenti, creando un suono in continua evoluzione. E a questo proposito, il primo ospite a sorpresa ieri sera è stato Luca Romagnoli, strepitoso frontman degli abruzzesi Management, che si è esibito insieme a Setak nel brano A ‘mme, inno all’accettazione lucida e amorevole delle imperfezioni, di cui è coautore. Dotato di carisma e capacità comunicative senza pari, è riuscito a catturare l’attenzione della sala senza rubare la scena a Setak e mostrando estrema delicatezza e rispetto nei riguardi della musica del collega artista.

È poi il turno di Tommaso Paradiso di salire sul palco per interpretare con l’amico fraterno una versione calda e toccante di Tra la strada e le stelle dei The Giornalisti. Un concerto che è diventato via via sempre più intimo, in un ‘atmosfera di connessione crescente tra il pubblico e i musicisti sul palco, che ha toccato il picco con questa collaborazione spontanea e sincera.

È solo verso fine che la band esegue il bellissimo brano che dà il titolo all’album, Assamanù, che significa “in questo modo”, un brano delicato e struggente, che trova ancora più spessore espressivo dal vivo.

Un concerto insolito, ricco di emozioni e di sonorità interessanti, quello di ieri sera al Largo Venue, che ha avuto come unico difetto quello di durare troppo poco. L’artista ha dimostrato una grande maturità stilistica, una personalità forte e ben delineata, e uno stile che si distacca in modo ben riconoscibile dal panorama musicale attuale. Resta da capire, per Setak come per tutti quegli artisti che non seguono le grandi orme del mainstream, quali canali riusciranno a portare la loro musica a essere diffusa e ascoltata come meriterebbe. Noi, intanto, lo aspettiamo qui, tra l’Abruzzo e l’infinito.

Ad aprire la serata, i corregionali I.Muri.

Articolo e foto di Ginevra Baldassari

Un grande ringraziamento a Chiara Giorgi

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