Calcutta: Relax tour
Roma – Palazzo dello sport – 7 dicembre 2023
Bisognerebbe inventare un nuovo vocabolario per parlare del concerto di Calcutta, perché in quello che abbiamo a disposizione non riesco a trovare le parole adatte.
Intanto vorrei ringraziare Calcutta di avere scelto nella vita di fare il cantante, invece di qualsiasi altro mestiere. Perché ammettiamolo, che modo sarebbe senza le sue canzoni?
A poco più di un mese dall’attesissima uscita di Relax, quarto album in studio, preceduta da una serie di stranezze artistiche, è iniziato l’altrettanto tour dell’artista di Latina.
Mi domando quanto possa pesare sulle spalle di Edoardo tutta questa tonnellata di aspettative. La risposta ce la ha forse data questa sera ripetendo più volte quanto questo concerto sia difficile da portare avanti ma quanto sia felice di essere lì sul palco.
Si sono spese centinaia di parole per descrivere Relax, e ancora non ci ho capito niente, ma così è Calcutta, ti piace e basta, senza analisi aggiuntive. Quel suo modo geniale di abbinare le parole creando un’infinità di mini slogan, quel raccontare senza finire le frasi, facendoci ricostruire interiormente quei mondi a cui accenna brevemente, e soprattutto quelle melodie che ti entrano nella testa e la voce strillata che ti perfora il cuore.
Impossibile capire se preferiamo il Calcutta di prima o quello di adesso. Una rivisitazione in chiave moderna della versione antecedente, come una Mini nuova fiammante, o la sua sorellina originale del’59. Solo che, come una Matrioska, il Calcutta di ora contiene anche quello di prima, o viceversa. Perché riascoltandolo a distanza di anni, in realtà è sempre stato come oggi. E non a caso aveva intitolato Mainstream un album ben prima che l’indie diventasse mainstream.
Il concerto inizia con un telo led calato sul palco e il coro inziale del nuovo album in sottofondo, cresce l’attesa, con la platea in religioso silenzio.
Sale la tenda scoprendo Edoardo, vestito di nero, con un berretto beige sulla testa e grandi occhiali con lenti arancioni. Stiloso nel suo essere uguale a sé stesso, ma in versione più laccata.
E questa è la sensazione iniziale dell’esibizione. Tutto pulito, perfetto, il suono potente e preciso, senza sbavature. Sembra di assistere al mega concerto di non quale mega artista internazionale. Ma poi arrivano i filmati sugli schermi sul fondo, con tigri, gattini e dinosauri, ranocchi saltellanti che spariscono nel buio, piogge di dollari a ritroso, sorrisi sovra impressi sui volti del pubblico, per fare subito indie e ricordarci dove siamo.
E Calcutta essendo Calcutta, quasi senza parlare, riesce a coinvolgere emotivamente il pubblico al punto da farci scordare il palazzetto e trasportarci in uno dei localetti dei suoi esordi. (Ringrazia il pub Lottomatica per averlo ospitato e per le consumazioni). Tutti cantano in coro le sue canzoni, si muovono come un’onda unica con le luci dei cellulari a illuminare la sala come un cielo nuovo, e sembra davvero di essere tutti insieme in un posto piccolo e speciale, in cui per un paio d’ore, tutto è bello , semplice e condiviso.
La scaletta alterna i brani dell’ultimo album a quelli più conosciuti, con arrangiamento attuale, creando un accostamento perfetto, in cui tutto è ugualmente coinvolgente, e un orecchio poco esperto non distinguerebbe il vecchio dal nuovo. È un Calcutta emozionato sul palco, geniale e spontaneo nel modo di annunciare i brani (“il prossimo pezzo ha il titolo che inizia per H”), di ringraziare il pubblico entusiasta e di fare dediche. Poche parole, ma bastano a sciogliere qualsiasi ghiacciaio nel loro essere disarmanti. È uno di quegli artisti che hanno un carisma e un talento talmente evidenti da apparire naturali, e un concerto che poteva essere così pulito e impeccabile da risultare freddo, diventa invece un incontro caloroso e toccante di tante anime che si trovano nello stesso luogo allo stesso istante.
Chiude l’esibizione con “Tutti”, il brano forse più struggente e scuro del nuovo album, e cala il sipario su uno di quei concerti che vorrei non finissero mai. Calcutta: il mio cuore è un mondo dove canti solo tu …
I nostri ringraziamenti vanno a DNA Concerti.
Il testo dell’articolo e le fotografie della serata sono di Ginevra Baldassari.