“Ho voluto creare un mio palco, giocare sull’ambiguità così che nessuno avesse paletti in cui incasellarmi. Quando ti ho tolto i punti di riferimento, le tue coordinate, posso rapportarmi a te nel modo che preferisco, portarti nel mio mondo senza preconcetti, raccontarti qualcosa di sincero. In questo senso lo spazio in cui sono seduto è finto, però l’abbiamo costruito con le nostre mani, dunque è anche vero. Io sono lì in carne ossa, ma truccato e quindi finto. Un me trasfigurato, un me musicista che non vuole però rinchiudersi in sé stesso: non mi interessa fare musica per musicisti, scavarmi una nicchia, faccio musica sperando arrivi a più persone possibile.” (Venerus)
A che punto e la notte. Un titolo che apre a mille disquisizioni e interpretazioni, sia per chi vede la notte come possibilità, sia per coloro che la rifuggono perché impauriti da questa.
Venerus ci porta nel suo mondo, dopo l’impennata di giusto hype che i suoi due singoli Non ti conosco e Dreamliner. Lo seguiamo da tempo, e da tempo seguiamo le sue preziose intuizioni musicali fatte di delicato soul e di tempi rallentati in un battito di elettronica intima. Ora, finalmente, un EP che lo fa conoscere ancora piu a fondo.
Scrittura personale, songwtring vissuto, Venerus apre il suo salotto per farci accomodare nella produzioni di Mace in Sindrome e di Frenetik&Orang3 in IoxTe e
Tracce che si aprono alla specialità dei sentimenti, accompagnate da fiati che fanno da eco a riverberi intellettuali. L’arte di fare musica trasfigurata è la sua forza, mentre tutto scorre intorno troppo veloce. Ecco, allora, perché la notte e perché il suo fascino eterno e rallentato, che non vuole mai finire. Ecco perché bisogna anche provare a cercare Venerus tra le nottate in bianco e quelli passate a divertirsi.
Senza smania, ma con un nuovo autore al nostro fianco. Un poeta metropolitano che usa timidi approcci jazz-wave e basi mixate con un tocco alla Zollo.
Rarità e gusto, nel pieno di una notte che non è ancora terminata.
Andrea Alesse