Ruby Throat
Stone Dress
Ci piace immaginarli così, il duo Ruby Throat, come nella copertina di “Stone Dress” (uscito lo scorso 9 novembre). Ossia mentre passeggiano su di una spiaggia lontana, accarezzando il mare con le loro anime folk. Un folk puro e non apocalittico, animato dai presagi angelici di un identità femminile. Dolcezza e gentilezza, sino ad un tocco di sperimentazione, che non fa mai male neanche quando utilizzi con capacità le corde acustiche.
L’inglese KatieJane Garside, alla voce, e il chitarrista americano Chris Whittingham ci conducono in un paesaggio di magnificenza e sensualità, contornato da una calma serafica e da un accento terapeutico. È una musica che calma gli animi (ce n’è sempre più bisogno), rifiutando le barbarie e cercando di focalizzarsi su rimi docili. KatieJane canta di amore in Swan and the minotaur, dichiarandosi alla luna e all’umanità, mentre la chitarra in Dog Song si lancia in piccoli costrutti elettro per dimostrare un nervosismo che pesca dai Daughter. Non solo neo-folk, ma anche amore per vibrazioni, anche se i Ruby Throat danno il meglio in pezzi come Beneath My Undress, in brani pieni di racconti alla Seasick Steve, con polverosa indole e ritmo da assaporare con un bicchiere di whiskey in mano.
Un atteggiamento country, che ritroviamo in Maybell (Rides into town on a pig), con un chitarra che sente le melodie di First aid Kit, dentro una spirale di mistero e effetti lounge psichedelici. Comanda sempre la voce di KatieJane, accanto ad un arpeggio che ricorda il folk del maestro Stevens in Rake, canzone in cui si trascina l’emozione e il senso di smarrimento, prima di accorgerci dei suoni quasi medievali della chitarra di Hu’u.
Canzoni terapeutiche e magia di sottofondo, con i Ruby Throat che tirano fuori la loro incredibile armonia di contenuto, e anche musicale.
Andrea Alesse