COLLA
Proteggimi
Autoprodotto
“Proteggimi è un acquarello, un’osservazione. Sono delle storie di sconfitta e rinascita, sono otto canzoni che arrivano dallo stomaco, dai ricordi”.
Un racconto biografico in otto tracce fatto da chi ha speso una vita per la musica. È Proteggimi, primo album autoprodotto dei COLLA, trio che arriva dalla provincia di Vicenza e che vede membri della vecchia scuola cimentarsi in un rock animato da tensioni emo e pulsioni punk rock. Registrato nei ritagli di tempo grazie anche all’opera di Spazza dei Derozer, Proteggimi anima con chitarre elettriche le storie e i paesaggi di una band che nasce spontaneamente e si fa largo piano piano, rifiutando l’ego-mostruosità autocelebrativa di alcuni circuiti musicali che oggi spianano la strada a tanti indie(dipendenti).
Dentro l’album si parte subito con l’Odi et Amo per la città di Vicenza, provincia stretta tra le fragilità di un territorio che i COLLA scandagliano con chitarre e melodia che ricordano gli ultimi lavori dei Gazebo Penguins. Cori e arde(core) per le strade di un centro cittadino nel quale la band passeggia ormai da una vita, e dove magari si è anche consumata la malinconia di Fine novembre, seconda traccia che è influenzata ancora di più dalle storie dei protagonisti, rivelatisi fan dei Fugazi e delle loro distorsioni.
Non manca una certa tensione politica (Qualcosa accadrà), poi sfociate nelle filastrocca punk di Per la sua rivoluzione, gelido disegno di rivincita di una generazione perduta che non trova lavoro. Un brano in cui la melodia non manca, come non manca la bravura di un gruppo che si forgia delle tre voci per cambiare tonalità e rabbiosità nel cantato, sempre in Italiano e mai urlato inutilmente ai quattro venti.
Se volete una caratterizzazione precisa dei COLLA, comunque, non perdetevi gli handclap boogie punk di Non sono indie, canto d’orgoglio di losers di provincia che sono cresciuti nei festival veri, quelli dove il loro punk rock non portava la barba d’ordinanza e lo stile camuffato. Uno spirito vero, che riecheggi nella precarietà dignitosa cantata in Chiedilo ai Ramones, dove i partigiani si confondono con la loro tensione biografica e le serate spese chissà dove.
Andrea Alesse