Autori: Universound
Album: Elefunk
Label: Bananaphono
Sette tracce (più una bonus track) che segnano il passo come sette tracciati planetari, per un gruppo giovanissimo ma agguerrito e affamato di buona musica. Arrivano dalle Marche, con un carico di strumentazione e buoni proposito, che ne fanno un progetto interessante e multiforme, a riparo da schedature musicali e rapide indicazione di genere.
Gli Universound hanno nel loro “Elefunk” un rifugio contro l’arroganza musicale del mainstream che tutto divora, riprendendosi una strada musicale che abbraccia il funk quanto il jazz, ma che ama apprezzare l’universalità di un’armonia che rivede il discorso tra suono e ascoltatore.
Amanti dei Tortoise sin dalle prime due canzoni, dal titolo Discovering trappist-1 e Ego, gli Universound sono polistrumentisti giovani e colorati che in quintetto tutto pepe e multiformità si scaldano con un sax e delle linee di piano variegate, per ricordarsi poi di una tradizione italiana di pop etnico già con la traccia Elefunk. Una voce alla Napoli Centrale ma senza il dialetto compare dietro un approccio definitivamente funk, devoto alle scene di una fusion ritmica incalzante e contaminata da un groove ricercato e sposatosi con la parola contaminazione.
Tutti nati tra il 1996 e il 1997, i ragazzi del collettivo Universound seguono una tecnica architettata in conservatorio e un’improvvisazione jazzistica che li porta in Signorina a ricordarsi dei bei tempi dei Casino Royale, dietro ad un muro abbattuto di musicalità corale e divertimento. Nel loro primo disco, reso ancora più intrigante dall’artwork di Pendra, i boys si lanciano anche in un funky rap contagioso (Thin line Trips) molto anni ’90, pronto a prendersi scene televisive e palcoscenici di vario tipo, dentro un DNA segnato che si confronta addirittura con paradisi alla Elton Jhon in Let us take you home, ballad alla Universound, con cori e sax che starebbe bene in un film di Allen
Andrea Alesse