Beatrice Antolini, L’AB è il suo nuovo album di musica e filosofia electro

Beatrice Antolini

L’AB

La Tempesta Dischi

 

Beatrice Antolini, il ritorno.

Con “L’AB” torna per la Tempesta dischi la poliedrica e intensa artista maceratese, in un concept album completo e fortemente voluto. Una one-girl band di magnifica intensità, con la voglia di tornare a fa sentire il suo pop elettronico, quattro anni dopo l’ultimo ep che ne aveva caratterizzato le movenze sempre creative e geniali.

Giudizi sulla maturità artistica a parte, “L’AB” è un prodotto che si lascia scoprire piano piano, ricordandoci di quanto siano preziose le movenze di una compositrice completa, che ha arrangiato, mixato e scritto interamente tutte le tracce. Beatrice Antolini suona così piano, synth e percussioni elettroniche, scandite da un ritmo spesso alla St. Vincent, con una metrica che si sposa con la sua voce e la sperimentazione pop che prende le sembianze ogni volta diverse. Su questa strada, Insilence si tramuta in una musica chiusa da linee di piano gentili, che ricompaiono in uno die pezzi più significativi dl disco: Second life. Una seconda vita  da ricercare con delicatezze pop electro e effetti rimbalzati che si annidano sopra il pianoforte, ma anche un interrogativo sulla necessità delle nostre seconde vite intrise di socialità surrogata su smartphone.

Beatrice Antonini dimostra quindi di produrre musica non solo per dare spazio alle linee di ritmo, ma , senza velleità divino-muiscali, concentra le sue declamazioni su importanti aspetti della vita. In Subba, per esempio, ci parla del rapporto con l’ignoto, confrontandosi con vocoder alla Giulia Villari e una forza mistica alla Sarah Stride, sue compagne in questo bell’universo femminile degli anni ’10 della musica alternative italiana.

Da non farsi scappar, in “L’AB”, sono inoltre le melodie nervose e il programming di Until I Became, che mette forza alle discussioni sul rapporto uomo/donna, e la meraviglia di Total Blank, canzone che mette in primo piano ritmi incalzanti e vuoti pittorici, con i demoni che si colorano di una composizione mai sterile e scontata. What you want mi ricorda il dadaismo e l’improvvisazione dei The Dresden Dolls, poi trasformatasi in una ballad dance electro anni ’80, mentre sul finire sono le sonorità di Beautiful nothing a ricordarci della necessità dell’assenza, contro il protagonismo esasperato e i travestimenti quotidiani.

Ben tornata, Beatrice Antolini.

Andrea Alesse

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