Queens of the Stone Age – Un muro di suono che cancella il tempo

I Queens Of The Stone Age si sono esibiti ieri sera sul palco del Roma Summer Fest alla cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, portando dal vivo i brani che hanno scritto tra le migliori pagine del rock degli ultimi vent’anni e quelli dell’ultimo disco “In Times New Roman…” uscito per Matador lo scorso 16 giugno.

La band, composta nella sua formazione attuale da Joshua Homme, Troy Van Leeuwen, Dean Fertita, Michael Shuman e Jon Theodore, ha pubblicato otto album in oltre 25 anni di carriera,  imponendosi come fonte di ispirazione per un intero genere di musica rock e segnando indelebilmente un’epoca.

A ben sei anni dalla loro ultima apparizione italiana, la band statunitense capitanata da Josh Homme ha portato oltre un’ora e mezza di rock di fronte a un pubblico di fedeli della prima era di nuovi adepti del grunge/stoner rock ,che resta ad oggi uno dei capitoli più innovativi della musica di oltreoceano e di cui i QOTSA sono stati tra i pionieri assoluti. Un muro di suoni ha riempito la Cavea, annuallando ogni riferimento spazio temporale e trasportandoci nella mitica Seattle di metà anni ’90.

La scaletta, oltre al repertorio storico della band, ha presentato per la prima volta al pubblico i nuovi brani e si è conclusa con i due pezzi più iconici  I wanna make it wit chu e No one knows. Il palco è sovrastato da un impianto di luci colorate stroboscopiche che formano una sorta di triangoli concentrici, rendendo la musica ancora più ipnotica e suggestiva. La cavea è strapiena di fan entusiasti, che Josh intrattiene con simpatia, anche lanciandosi in un italiano piuttosto colorito, facendoli cantare e annunciando scherzosamente “Abbiamo fatto un nuovo album e organizzato questo tour solo per venire a Roma”.

Durante lo show non sono mancate le imprecisioni e i problemi tecnici, ma la spontaneità e l’energia degli esordi sono rimaste immutate negli anni. La band è visibilmente felice di esibirsi in questa città e in questa sala, davanti a un pubblico così partecipe. La dedica a Mark Lanegan (che fece parte della formazione nel perdiodo artistico più cruciale) prima di Song for the Dead  è il momento più toccante della serata, che chiude in bellezza un’esibizione carica di nostalgia e dal sound ancora aggi attualissimo e potente. Long live rock’n’roll!

Articolo e foto di Ginevra Baldassari

I nostri più sentiti ringraziamenti a Marta Fontana di Musica per Roma

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