Autore: Porcelain Raft
Album: Microclimate
Etichetta: Factory Flaws, Volcanic fields
All’improvviso, con questo nuovo album, ci sono.
Di cervelli in fuga e di Mauro Remiddi spero abbiate sentito parlare. Nascosto dietro il moniker di Porcelain Raft, l’italiano che vive negli States licenzia un nuovo lavoro, quello maturo e influenzato dall’esterno e dai suoi viaggi. Microclimate, in uscita il 3 febbraio sulla sua stessa label Volcanic Field e, in esclusiva per l’Italia, su Factory Flaws, è il risultato finale dell’esperimento di riavvicinamento tra uomo e natura. Una simbiosi tra l’elettronica pop e il desiderio di ricongiungersi proposto da un autore che ha trasferito strumenti dal disincanto romano prima verso Londra e poi in direzione California e NY.
Una zattera di porcellana per traghettare l’ascoltatore verso la naturalezza di luoghi incantati quali Bali e Barbados, con a bordo keyboard e pedal steel, e in testa le linee vocali delicate di un autore 44enne che forse ha trovato una parte di sé. Porcelain Raft sente infatti di aver incontrato una melodia che rappresenta le sue pagine di diario, a metà strada tra l’alternative pop rock e l’elettronica d’atmosfera, chiedere al brano A Fever that I know e ve ne renderete conto.
Molte dinamiche musicali, dunque, con la partenza urgente di Accelerating curve che mischia suoni alla Black Rebel Motorcycle Club ad effetti scenici desertici, come l’armonica.
Godibile e mai evanescente, in questa canzone il nostro autore mostra gli effetti di una scrittura ricercata, con il suo voluto mormorio, poi ripreso in Big Sur. Parliamo di unna taccia fondamentale, tributo ad un luogo magico con echi di chitarra elettrica e pensieri luminosi.
Sono i terreni solcati da Youth lagoon, con la dolcezza dell’amore per i paesaggi (Bring me to the River) e la tensione eighties quasi ballabile di Distant Shore, singolo apripista che è preda di beat e della citata armonica.
Se nel suo debutto Strange Weekend (2012, Secretly Canadian) Remiddi era un cercatore, ora ha finalmente trovato un po’ di piaceve, come in The earth before us. Brano dalle trame acustiche, ci ricorda un tocco docile alla The Passegger, e lo troviamo prima che la traccia Kookaburra introduca un suono di piano e back vocals arricchite da effetti elettro. La filastrocca The poets were alright è la ballad del disco, mentre Zero frame per seconds prende in prestito suoni alla Moor music per sganciare poi la poesia finale, dando evidenza delle capacità vocali di Remiddi.
Perché di cervelli in fuga e di cantautori italiani facenti funzione si può blaterare a lungo, ma Porcelain Raft lo si deve ascoltare.
Testo a cura di Andrea Alesse