Jazz e poesia con Paolo Conte al Palabanco di Brescia

Sabato sera 29 ottobre, fuori dal Pala Banco una coppia di giovani con l’aria da universitari si abbraccia scalpitando in attesa che le porte si aprano. Con loro attendono altre persone, di età diversa e dall’aria raffinata.

Il pubblico di Paolo Conte è così: a tratti aristocratico, quasi snob, e poi anche fanciullesco, disincantato ma con la voglia di farsi incantare.
Quando il Maestro sale sul palco mette entrambe le mani sul microfono e pare ci si appoggi con tutto il peso della sua persona.

Poi sorride e scivola sulle note diventando improvvisamente leggero giocando con le melodie, rincorrendo con la voce i virtuosismi dei suoi eccezionali musicisti. Spazia nel suo vastissimo territorio musicale, tra atmosfere esotiche, romantiche e nostalgiche. Potrebbe pescare a caso dal suo cilindro e la magia sarebbe comunque compiuta, perché è davvero uno degli ultimi grandi maestri della musica italiana, a conservare un fascino ed eleganza senza tempo.

E se il pubblico non può trattenersi dal canticchiare quel “it’s wonderful, good luck my baby“, è nelle note delicate di “Madeleine” o in quelle infuocate di “Diavolo Rosso“, o nell’onirico di “Alle prese con una verde milonga” che l’artista astigiano rapisce di più il suo pubblico. Scroscianti applausi, un bis lasciato a Tropical e poi un ultimo saluto a sipario già chiuso, per far segno che davvero “tutto il meglio è già qui“.

Fuori dal PalaBanco i due ragazzi si baciano con passione, e le stelle sopra di loro, neanche a dirlo, sono quelle del jazz.

Ringraziamo Gaetano Petronio (Ufficio Stampa Paolo Conte) per il graditissimo invito

Foto e Testo a cura di Anna Pierobon

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