Ho appena preso una compressa di Ibuprofene per alleviare la testa, non per abuso di sostanze il/lecite ma per pura felice stanchezza.
Di cosa voglio parlare? Non del superamento dei 45 anni e delle difficoltà psicofisicoemotive annesse alla fruizione di un festival, chissenefrega e mi do due pacche sulle spalle per esserci.
Parliamo del Festival, del meraviglioso HANDMADE FESTIVAL.
Siamo a Tagliata, piccola frazione del Comune di Guastalla in provincia di Reggio Emilia, dove il profumo del grande Fiume si mescola a quello del fieno nei campi e le vibrazioni che da lì partono scuotono tutta “La Bassa” e oltre.
Giunto alla 13sima edizione, dopo tre anni di stop per fatti noti, il festival del “fatto a mano” si è ripreso la popolarità che merita proprio per la sua “genuinità”.
Non esistono pit vip, pit gold, grand pit, pit sticazzi, non esistono token, bitcoin, valute marziane e nemmeno i soldi del monopoli.
Esiste solo la voglia di organizzare bene un festival dal respiro internazionale che, da anni, sta crescendo meritando tutti gli onori del panorama musicale.
Tra banchetti di micro-editoria, produzioni indipendenti, oggettistica handmade, abbigliamento vintage, cocktail, fiumi di birra, cibo che accontenta ogni credo culinario, troviamo lembi di prato su cui coricarsi per una propria pausa, si perché per i divoratori musicali ossessivocompulsivi, pause non ce ne sono, se tu non ne vuoi.
Le band ruotano sui palchi A-B-C a ritmo perfetto: finisce l’ultima nota sul palco B e senti partire la prima schitarrata sul palco C, finisce il C e attacca subito il gruppo sul palco A, poi il B… cosi a rotazione, senza perdite di tempo e soprattutto dando la possibilità a chiunque volesse farlo, di piazzarsi in transenna per la propria band del cuore.
Piccolissimo inghippo, quasi passato inosservato ai più, per gli attesi COME che da scaletta salgono sul palco A per iniziare alle 20:45, ma da mixer C a mixer A arriva voce di un breve ritardo dell’esibizione dei DAME AREA. I COME si fermano e attendono come alla fermata dell’autobus . Nel frattempo da palco B inizia il soundcheck di LYDIA LUNCH, palco A ancora in attesa di partire, palco C che non accenna a finire. Ecco palco A fare spallucce e i COME iniziano a gran voce entusiasmando i fans. Bravi.
Ma, la mia attesa è per il gruppo delle 22:35 sul palco A.
Atterrati a Malpensa, poche ore prima, direttamente dal Primaverasound di Madrid, ecco gli irlandesi GILLA BAND!
Me li aveva consigliati un amico, suggerimento snobbato per un paio di settimane, per poi ritrovarmi a ballare sul sedile dell’auto, nel tragitto casa-lavoro alle 8 del mattino dopo il primo ascolto.
La voglia di vederli dal vivo era elevatissima e a pochi km da casa.
Sono giovani, sono belli e con la loro musica polverosa e graffiante sfidano il vento e le nubi nel cielo.
Immagina una un coltello affilato che taglia una roccia come fosse burro, la prende e la spalma trasformandola in sassi appuntiti e dolorosi, sotto i piedi scalzi, mentre sorseggi una birra fresca in mezzo al deserto. È un viaggio acido e disturbato, di suoni, urla strazianti e liberatorie, che si costruiscono e destrutturano, esternando pienamente il caos interiore. Sono noti i turbamenti della voce Dara Kiely e il supporto di tutto il gruppo, da Alan Duggan alla chitarra, Daniel Fox al basso e Adam Faulkner alla batteria.
Beh. È un sacrilegio non amarli.
ah..facciamo chiarezza: si formano ufficialmente nel 2011 con il nome di “Girl Band” realizzando due album Holding Hands with Jamie nel 2015 e The Talkies nel 2019.
Alla fine del 2021 cambiano il nome in GILLA BAND, più inclusivo e più irlandese e nel 2022 esce l’albumMost Normal.
Torneranno in italia a Torino per il TODAY Festival e fossi in voi ci farei più che un pensiero.
Live report Na/Ste