Era il 2001 e le nostre orecchie imbevute di Slint si apprestavano a misurarsi con un disco definito da molti come un fantastico passaggio sonoro dell’underground italico. Era, anzi è, Rise and Fall of Academic Drifting dei Giardini di Mirò, uscito per la storica Homesleep records e oggi ristampato grazie alla verve della 42 Records, etichetta devota alle intuizioni del produttore Giacomo Fiorenza, guru musicale della scena emilio romagnola e già titolare della citata Homesleep. Il disco in questione è un lavoro che si aprirà anche al grande pubblico grazie ad un numero di vendite fuori dai canoni indie, oltre che ad un gruppo che si stava affermando anche a livello mediatico, vedi il passaggio nella gloriosa puntata di Supersonic di mtv condotta da Enrico Silvestrin. I Giardini di Mirò ci risuonano così dal vivo i 53 minuti e 18 secondi di un album che spinge euforia post rock e oltre, costruendo arrangiamenti e attacchi sonori che devono tutto alla strumentalità corale di 6 elementi cresciuti nel paese di Cavriago, storica enclave rossa dove campeggia un busto di Lenin in piazza e il problema di dedicare una Via a Giorgio Almirante non se lo sono mai posti e mai se lo porranno.
Ma andiamo con ordine. Una delle nove tappe del nuovo tour celebrativo di Rise and Fall of Academic Drifting è il circolo Magnolia di Segrate, club Arci con una programmazione da dieci migliori siti musicali d’Europa. Aprono le danze le chitarre sognanti di Cabeki, già con Luci della Centrale Elettrica, e le articolazioni elettroniche di Giuseppe Cordaro, in un mix perfetto per assistere lo show che seguirà alle loro brevi ma intense performance. Quando salgono sul palco i Giardini di Mirò sono proprio come te li aspetti, ossia concreti e innamorati della loro musica, nonostante 15 anni di esperienze di diverso spessore e tanta acqua passata sotto i ponti. La buona notizia, inoltre, è che si intravede un pubblico maturo e interessato, tra il quale si aggira il buon Max Collini degli Offlaga Disco Pax, creatura anch’essa di Cavriago che condivide musica (come nella nuova avventura denominata Spartiti) con Jukka Reverberi, chitarrista proprio dei Giardini. Durante lo show si avvicendano tutte le gemme preziose del disco, suonate con passione e attese da una devozione ascetica che ricrea molte volte il senso di trance sonora degno di cavalcate stile Mogwai o Maserati, band culto sature di seguaci tutt’intorno al globo. Ci aggiriamo nei territori di brani quali Trompsø is OK e The Beauty Tipe Rider, creature che mixano passaggi sonori con usi distorsivi della chitarra e effetti che ti catapultano in riva ai fiordi norvegesi. La sceneggiatura del Magnolia, con luci e neon attorno al palco, aiuta e non poco a creare quest’intensità musicale, resa incredibilmente accattivante dall’uso della tromba e del violino da parte di Emanuele Reverberi, a cui fanno seguito anche note di clarinetto. Una sintesi emozionante che attua paesaggi musicali in cui l’suo della voce è lasciato solo a due pezzi, tra i quali l’ottimo Pet Life Saver. Sul finire di alcune tracce, poi, la presenza scenica da splendidi loser di provincia abbandonati in qualche impolverata biblioteca lascia spazio a un impatto noise che richiama i meno tempestosi Russian Circles. Tra le note (Pearl Harbour) si aggirano anche brandelli di armonia e meticolosa esaltazione della coralità di una band fatta da gente che sa suonare e vuole ancora dimostrarlo.
L’uscita di scena, dopo il nuovo ingresso bis e gli ultimi due pezzi suonati fuori da Rise and Fall of Academic Drifting, è affidata a mood psichedelici, intrisi di una nostalgia costruttiva per un tempo ormai andato, in cui il Link di Bologna esplodeva di gente e le fanze musicali partivano dai portici del centro per arrivare in tutta la penisola. Finito il tutto, finalmente capisco perché tanta attenzione fu data ad un disco in effetti solo strumentale, ma che parla diritto a cuore e stomaco. Lunga vita ai regaz dei Giardini di Mirò.
Grazie a DNA Concerti per l’invito e al Circolo Magnolia per l’ospitalità.
Testo a cura di Andrea Alesse