Autori: Soviet Malepnsa
Album: Astroecology
Label: Costello’s Records
L’astroecologia è una materia multiforme che studia gli ambienti extraterrestri e la vita dei microrganismi. Una scienza fuori dal comune, che porta a sperimentare e andare oltre le traiettorie del sistema terra. Se volessimo tradurla in musica, ci penserebbero i milanesi Soviet Malpensa, band che si perde nel flusso della creatività shoegaze e nel basamento di un cantato in italiano che ha appreso la forma dell’esperienza di Godano e soci.
Dopo le difficoltà nella ricerca dei mezzi per produrre la loro musica, plasmata sulle loro volontà e sui loro tempi ritmici che utilizzano programming e effetti sintetici (sentite Europa afterlife e i CCCP portati nell’epoca elettronica) di proprio corso. “Astroecology” dei Soviet Malpensa diviene così un esplorazione, che si affida ad un animo psichedelico e ad un inizio rock che utilizza le introspezioni di Everest (Manifesto Asociale), per una nuova cultura dell’asocialità e delle chitarre che stridono nel ritornello finale. Luci e tenebre dell’animo si perdono in musiche costruite e nel cantato in italiano, dietro l’utilizzo di strumentazioni personificate, come le percussioni di Quasi tenebra. Un pezzo che richiama il sogno europeo dei Franti e di certa malinconia, in cui i Soviet Malpensa si cimentano anche in riletture pseudo-politiche, prima della melodia di Heaven e dell’acoustic movement de la Scienza dei Sogni, brano sognante che è psycho folk nell’animo e nel suo richiamo ai viaggi della musica di Amerigo Verardi.
L’elettro-rock nostalgico di Pluto è una riflessione sul tempo e sulle sue restrizioni, mentre è in Habitat 7220 che il futuro da i suoi segni del tempo, con un brano strumentale e sonorità psichedeliche. Gli uomini hanno sostituito le macchine e il realismo capitalista di Fisher ha vinto, con i Soviet Malpensa che cercano esseri viventi in altri pianeti, magari ricordando di essere anche padri di arrangiamenti meno sperimentali e più indie pop con This is The Life. Un’ultima traccia, in cui sonorità alla Verdena meno rumorosi danno il benservito all’ “Astroecology” pensiero.
Andrea Alesse