Se chiedessimo ad un telespettatore chi sia Dario Ballantini, probabilmente ci sentiremmo rispondere: «è l’imitatore di Striscia la Notizia». In realtà ci troviamo al cospetto di un personaggio poliedrico, in grado di spaziare tra moltissime attività artistiche anche molto difformi tra di loro. Pittore, scultore, attore, cantante e anche “mancato psicologo”: ce n’è abbastanza per fargli qualche domanda, magari partendo da quel Da Dalla a Balla che sta portando nei teatri di tutta Italia.
Dario, come è nato questo spettacolo?
«Dalla voglia di raccontare un sogno che si è avverato. Sin da bambino sognavo di poter diventare un artista e Lucio Dalla era un mio punto di riferimento che volevo incontrare a tutti i costi. Per mia fortuna non solo l’ho conosciuto, ma siamo diventati anche amici, al punto che è venuto a cantare gratuitamente alla mostra che celebrava i miei 25 anni di attività di pittore. Così quando è morto ho deciso di celebrare questo grande artista, proponendo di mostrare in teatro un qualcosa che nessuno aveva mai visto in televisione».
Diventare artista è stata per te una scelta quasi obbligata, visto che la tua è una famiglia dedita all’arte…
«Io volevo fare il pittore, ma ci sono voluti 16 anni di gavetta per iniziare ad essere considerato. In compenso avevo ottime doti di imitatore e questa capacità naturale mi veniva riconosciuta anche in famiglia. La mia palestra era la scuola e il mio pubblico erano i compagni di liceo. Nel frattempo ho avuto la fortuna di assistere ad uno spettacolo dei mitico Alighiero Noschese e da quel momento ho iniziato a fare serate. Il mio debutto è avvenuto a soli 19 anni».
Tra i personaggi che hanno influenzato la tua carriera c’è Modigliani.
«Quando ero piccolo ero incuriosito da quei pittori che dipingevano in modo non convenzionale, tanto per fare un esempio di Picasso. Sapere che nella città dove vivevo era nato uno di loro (Livorno, ndr) ha scatenato la mia fantasia. Ero affascinato da queste facce strane, da quei colli lunghissimi e soprattutto dal modo di interpretare in modo creativo ciò che lo circondava. E così anche io sono diventato un impressionista».
Un altro personaggio che hai incrociato più volte è stato Antonio Ricci…
«L’ho incontrato la prima volta ad un concorso per giovani talenti che si chiamava “Star 90”, dove era il presidente della giuria. In quel contesto ho fatto il mio primo provino televisivo. Certo prima di arrivare a “Striscia la notizia” è passato moltissimo tempo, ma posso dire che Antonio è stata la persona di spettacolo che più mi ha dato spazio».
Il tuo debutto televisivo è stato con il compianto Corrado Mantoni. Come è cambiata la televisione in questi anni?
«Moltissimo. “Ciao gente” era uno dei primi programmi di intrattenimento trasmessi sul neonato Canale 5. Andava in onda il venerdì sera, ma era registrata con largo anticipo, per poter mandare le cassette nelle varie emittenti e simulare una sorta di diretta nazionale. Aveva un’audience fantastica e ti regalava una mediaticità enorme. Oggi l’offerta è molto più variegata e così è difficile avere un pubblico così vasto».
Sono cambiati anche i tempi comici…
«Infatti. Tanto per fare un esempio i primi servizi di Valentino su “Striscia la Notizia” duravano tra i 3 e 4 minuti. Oggi i tempi si sono ridotti ad un terzo. Devi concludere tutto in meno di 50 secondi».
Di tutti i personaggi che hai imitato a chi sei più legato?
«Io credo Gino Paoli e Nanni Moretti. Anche se ad onor del vero devo ringraziare Valentino se sono diventato famoso. La mia imitazione del cantautore genovese era così realistica che più volte sono stato scambiato per quello vero, una volta anche da suo figlio».
Qualcuno ti ha dato qualche grattacapo? «Ci fu qualche problema con l’imitazione di Vittorio Emanuele. L’ex re non gradiva il duetto con Alvaro Vitali e minacciò di denunciarci».
Dopo la pittura ti sei dato alla scultura… «In realtà l’ho sempre fatto, anche se ho avuto qualche problema con le rappresentazioni tridimensionali. Poi stimolato da Massimo Licinio, che è pure il regista dello spettacolo Da Balla a Dalla ho trasformato gli omini di carta in statue, che sono state apprezzate anche dal critico Bonito Oliva».
L’ultima domanda è marzulliana. Oggi chi ti senti di essere? «Ne ho parlato con mia figlia alcuni giorni fa. Per me è una continua lotta tra chi credo di essere e quello che penso di dover essere. Non saprei. Credo di essere una persona ultrasensibile in grado di far emergere la mia realtà artistica, ma anche capace di camuffarsi e sformare personaggio molto diversi dal mio modo di essere. In poche parole mi ritengo uno strumento molto versatile».
Non ci fosse stata l’arte cosa avresti fatto?
«Sicuramente lo psicologo».
Di Vincenzo Nicolello