Artista: Crimnal party
Album: La revolution bourgeoise
Etichetta: Downbeat & Pink House Label
Booking: Lunatik
Suonare punk rock nell’era moderna equivale ancora a distinguere il proprio stile e a distinguersi tra la folla musicale digitalizzata e sempre più aggressiva. Così, trovate le due nuove vocalist, tornano in pista i Criminal Party, gruppo storico di stanza a Palermo e fondato nel 1986, anno in cui erano una delle prime formazioni del garage rock che abbinava liriche in italiano e voce femminile. Dopo lo scioglimento, la rinascita con la pubblicazione del primo album omonimo, sino al secondo strappo e alla reunion datata 2012. Ecco quindi un nuovo progetto, che partorisce con le due nuove vocalist un nuovo cd dedito ad un sound ancorato allo psych garage e al punk rock californiano di fine anni ’70: La revolution bourgeoise.
Una copertina in cui le facce di alcuni dei componenti del gruppo si sostituiscono a quelle degli eroi della rivoluzione francese, per rimarcare l’identità di una musica densa di contenuti, in cui il punk rock è il pretesto per gridare contro le ingiustizie che attanagliano la classe borghese. Corruzione e poteri forti combattuti a suon di tre accordi, proclami sonori e uso esclusivo della lingua inglese. Un disco voluto, prodotto e scritto dal fondatore e chitarrista Fabio Vinciguerra, leader storico che ha attraversato gli anni felici della Palermo antagonista, quando in città suonavano Semprefreski, Magilla Gorilla e Feccia tricolore, gruppi di una Sicilia infettata dal germe punkers. La revolution bourgeoise, il cui CD fisico contiene 4 brani in più rispetto alla versione download, è un lavoro concreto e veloce, con voce femminile che ricorda le compiante Motorama da Roma, strizzando l’occhio al sound riot girls almeno nel sistema vocals. Si inizia con l’antipasto strumentale della titletrack, chiamata alle armi strumentale a suon di chitarre e keyboard con potente giro percussioni finale. Quindi via al punk rock lo-fi di Angry and tired, titolare di effetti psichedelici grazie ai suoni di piano che si intromettono nella canzone. Join us è l’invito a prendere parte all’azione, a colpi di richiami al suono dei Not Moving fatti da Lisjac e Vicky Jam, interpreti di un sound che è orgogliosamente grezzo e vero. I brani successivi continuano con quel vintage sound seventies che ricorda Weirdos e soci (Crime after crime), mentre merita attenzione per attitudine e potenza sprigionata Rebel world, sfogo di pura rabbia contro le frustrazioni e il disegno politico di impoverimento della classe borghese. Ecco allora che Wasted life è dedicata a tutti gli imprenditori accerchiati dalle difficoltà economiche e che hanno deciso di farla finita, con un tono più riflessivo ma sempre dal mood d’altri tempi. Politics in love vira su sentieri rockabilly alla The bone machine, con quel suo gusto retrò e carico di significato. Non poteva mancare, allora, l’invettiva diretta di We hate you condita da fuzz e toni dinamici che conducono dritti a 1986, brano che è stato inserito, nella sua versione demo degli anni ’80, come bonus track nel 1° CD omonimo, e suona ancora oggi godibile e effervescente. Terminato tutto il disco e, ascoltato questo bel prodotto underground fiero e molto reale, sono finemente pronto a mettermi pins, indossare jeans strappati e… imbarcarmi nella revolution bourgeoise. Fatelo anche voi.
Testo a cura di Andrea Alesse