Blonde Head, una band in continua evoluzione

Imprevedibilità, qualcosa che pesca dalle proprie origini come radici, che fanno del loro movimento la ricerca di un continuo mutamento; se musicalmente, ma non solo, sentite il bisogno di trovare in un gruppo quella voglia di non stare fermi allora i Blonde Redhead potrebbero fare al caso vostro.

Testimone ne è stato ieri sera il concerto inserito con buona scelta nel cartellone dell’ Ostia Antica Festival, in un luogo certamente indicato per rappresentare un passato da osservare con cura.

La band multiculturale di Kazu Makino e dei gemelli Amedeo e Simone Pace, gruppo italo-giapponese formatosi trent’anni fa tra i locali dell’indie  newyorkese, sono la rappresentazione di una storia di viaggio, sia per la provenienza geografica dei singoli elementi, sia grazie alla perenne modalità di cammino e evoluzione che ne ha contraddistinto la storia musicale fino ai giorni nostri.

Indirizzati da subito verso un filone postrock americano, album dopo album hanno sempre aggiunto uno stile non etichettabile alla loro produzione, praticamente rendendo quasi impossibile trovare un genere di appartenenza, forse proprio perché innata in loro una ribellione all’inquadramento ma più all’immobilismo che certe scelte stilistiche e discografiche imporrebbero.

E di sicuro questa voglia interna sono riusciti a trovarla nel loro ultimo lavoro, uscito lo scorso anno dopo un lungo silenzio, “Sit down for dinner”, album chiaramente e dichiaratamente ispirato dalla scrittrice americana Didion soprattutto verso lo stato di cambiamento della vita, perenni e incostanti certezze sull’esserci tema sviscerato dalla citata scrittrice in un libro.

Essere rapidi nei cambiamenti, la vita è una solamente, questo il significato che si può dare l’album, registrato neanche a dirlo in più parti del mondo, Italia inclusa, e che il trio esprime magistralmente anche nell’esposizione sul palco.

Per l’apertura il nuovo progetto intimo e delicato di Tutto Piange nome d’arte della cantautrice romana Virginia Tepatti.

I nostri ringraziamenti a Michela Rossetti di GDG Press.

Testo e fotografie di Giulio Paravani.

 

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