All’Auditorium Parco della Musica di Roma, l’iconico Peter Hammill ha regalato un concerto intimo, personale, che ha tenuto il pubblico in sospeso tra sussurri e grida. A settantacinque anni, Hammill è ancora un’esplosione di energia controllata e passione ineguagliabile, una leggenda del prog rock britannico che continua a rinnovarsi.
Vestito semplicemente, con pantaloni e camicia bianca, Hammill si è presentato sul palco accompagnato solo dai suoi strumenti: un pianoforte e una chitarra, fedeli compagni che hanno sostenuto la sua voce potente e inconfondibile. Alternandosi tra questi, ha riportato il pubblico a quel senso di isolamento e sperimentazione che caratterizza da sempre la sua musica. Nessuna band, nessuna scenografia complicata: solo Hammill e il suo universo sonoro, che rimane sorprendentemente innovativo anche dopo cinquantacinque anni di carriera.
Con la stessa intensità che ha segnato il suo percorso musicale dai tempi dei Van der Graaf Generator, Hammill ha eseguito pezzi che sfidano le convenzioni, proponendo atmosfere cupe e visionarie, arricchite da testi profondi e a tratti enigmatici. La sua voce, che sale e si rompe in urla piene di significato, è uno strumento affilato, capace di dare forma a emozioni che si percepiscono quasi fisicamente.
Nel corso della serata, Hammill ha scelto brani dalla sua ampia discografia, dimostrando ancora una volta il suo eclettismo. Dal prog rock delle origini alle composizioni più recenti e mature, ogni pezzo ha raccontato una storia diversa, portando il pubblico in un viaggio attraverso decenni di sperimentazione e indipendenza.
È un artista che non ha mai voluto conformarsi, nemmeno quando, negli anni ’70, i Van der Graaf Generator erano al culmine della fama. La sua indipendenza creativa, espressa anche tramite la fondazione della sua etichetta Fie! Records, è stata palpabile in ogni nota e in ogni pausa studiata. In questo concerto, Hammill non ha solo mostrato il suo repertorio: ha rivelato un frammento della sua anima ribelle e instancabile.
Solo sul palco, seduto al pianoforte, in abiti bianchi che si intonano ai capelli, lasciati scendere morbidamente sulle spalle, Peter Hammill sembra incarnare l’essenza stessa del minimalismo. Le mani agili e nervose corrono sui tasti, guidando le note su cui la sua voce si appoggia con pathos e una forza quasi teatrale, trasformando la semplicità della scena in pura intensità. I primi brani, tra cui spiccano “Patient” e “The Siren Song”, evocano un’atmosfera intensa, al contempo cupa e luminosa, che poi prende forma anche tra le note della chitarra in “Comfortable”. L’impatto delle versioni originali, orchestrate, si attenua naturalmente in questo abito essenziale e monostrumentale, lasciandone intatte però l’essenza e la magia.
Peter Hammill lascia il palco tra gli applausi scroscianti di un pubblico internazionale, dimostrando che, nonostante il tempo e i cambiamenti, la sua musica e la sua voce sono ancora potentemente rilevanti. È un vero pioniere che ha scelto, una volta di più, di parlare al cuore di chi lo ascolta, senza compromessi, con la stessa energia di sempre.
Dopo Roma, Hammill proseguirà il tour italiano, con tappe a Napoli (Museo di Donnaregina), Milano (Teatro Elfo Puccini), Firenze (Teatro Puccini) e Padova (Sala dei Giganti presso il Palazzo Liviano), portando con sé la sua musica senza tempo e il carisma di un artista sempre unico.
Articolo e foto di Ginevra Baldassari
Ringraziamo Alice di Barley Arts